“FAMMI FARE DA SOLO!” Genitori e compiti scolastici

I compiti non sono dei genitori!

Non smetterò mai di ripetere questa frase. Troppe volte infatti ci si  fa carico dei compiti scolastici dei propri figli, ripeto: DEI PROPRI FIGLI. È un grande errore.

Nei miei articoli vi ho già parlato  dell’utilità dei compiti; qual è invece il ruolo dei genitori?

I genitori devono INTERESSARSI: ciò significa che non devono abbandonarsi alla comoda idea che un  bambino, sin dalla scuola primaria e senza  l’aiuto di nessuno sia in grado autonomamente di organizzarsi il lavoro e portarlo a termine nel migliore dei modi (a volte succede ma non è la regola). Interessarsi significa essere “provocatori”, “sostenitori” ed “allenatori”. Attraverso un semplice esempio vi chiarisco ancor meglio il ruolo genitoriale. Spostiamoci per un attimo nel mondo del calcio e pensiamo al compito dell’allenatore: stimola i suoi giocatori, mostra loro le migliori tecniche e si interessa della preparazione MA nel momento della partita non entra in campo al posto loro, non li sostituisce!

Stessa discorso vale per i genitori: possono stimolare il bambino, mostrargli le migliori modalità per affrontare il momento dei compiti senza però sostituirsi a lui poiché verrebbero a mancare i benefici derivanti dallo svolgimento di questa attività.

Cosa dovrebbe fare un genitore?

  • Aiutare il bambino ad organizzare nel miglior modo ambiente, tempo e risorse. Un ambiente, per essere idoneo allo studio dovrebbe essere ordinato, comodo ed attrezzato (i materiali devono essere a disposizione in modo che la loro ricerca non comporti una perdita di tempo e d’attenzione). Spesso e volentieri, sin dalla scuola primaria,il bambino ha a disposizione scrivanie e librerie invidiabili nella propria camera ma nonostante ciò preferisce fare i compiti al tavolo della cucina o in salotto, basta che ci sia qualcuno con lui; non bisogna preoccuparsi ed ostinarsi su questo punto: è normale che il bambino prediliga uno spazio più caloroso, con qualcuno che, proprio come lui, sia indaffarato nello svolgimento di un’attività. Cari genitori, approvate quindi anche il tavolo della cucina purché sia sgombro di materiali inutili e possa accogliere tutto l’occorrente per il bambino senza eccessivi rumori e distrazioni.     Ciò che risulta davvero difficile e necessita dunque di un importante input da parte del genitore è la creazione di un planning giornaliero delle attività in modo da scandire il tempo da dedicare allo studio. Raramente i bambini (e spesso anche gli studenti più grandi) hanno consapevolezza delle tempistiche necessarie allo svolgimento dei compiti e, ancor meno, antepongono questa attività al gioco o ad altri passatempi. Un genitore, interessandosi di ciò, deve stimolare il bambino abituandolo a dedicare allo studio i momenti della giornata più idonei (cercando di mantenere orari simili ed escludendo la sera); è bene evitare la solita frase “quando hai finito i compiti puoi andare a giocare”: in questo modo si esplicita l’antagonismo tra dovere e piacere etichettando dunque lo studio come qualcosa di noioso, doveroso ma privo di ogni elemento stimolante per un bambino. Proprio per tale motivo, stilare con il  proprio figlio un planning settimanale con le buone abitudini   aiuterà ad evitare continui rimproveri e litigi per convincerlo ad affrontare il fatidico momento dei compiti. Altro ambito in cui il genitore deve stimolare inizialmente il proprio bambino è l’utilizzo corretto delle risorse ovvero diario, libri e quaderni. Il diario è uno strumento fondamentale che oltre a mediare la comunicazione scuola-famiglia, permette al bambino di rendersi autonomo nell’ organizzazione del proprio apprendimento. Scrivere le consegne correttamente, consultare quotidianamente il diario e comprendere la priorità di alcuni compiti su altri sono tutte conquiste che il bambino deve fare. I genitori spesso “invadono” il campo deresponsabilizzando il bambino: se un compito è scritto male ed il bambino non ha prestato attenzione ai consigli integrativi della maestra ecco che arriva il supereroe delle mamme: WhatsApp con la chat della classe. Avremo cosi tutte le informazioni del caso ma il bambino non sarà certo stimolato a fare più attenzione poiché c’è sempre un piano B.  Anche l’utilizzo di libri e quaderni, se svolto in autonomia, rappresenta un grande insegnamento: il bambino ha l’opportunità a casa di riconoscere e rievocare quanto fatto sfogliando il proprio materiale, una risorsa preziosa: per questo motivo bisogna abituarli  ad organizzarsi, a capire che è compito loro fare attenzione alle consegne della maestra e portare a casa libri e quaderni se necessari allo svolgimento dei compiti perché la mamma non è l’antidoto per ogni distrazione.

Cosa NON dovrebbe fare un genitore?

  • Fare sempre i compiti insieme. Sembra banale ma è l’errore più tipico: “vieni che DOBBIAMO FARE i compiti”. In una sola frase due errori: verbo “dovere” e prima persona plurale. Si tratta di un’abitudine errata della quale è poi difficile liberarsi: passeranno gli anni, gli argomenti saranno sempre più difficili e le ore di studio richieste maggiori e cosa accadrà? Il bambino (ormai grandicello) non sarà autonomo poiché da sempre abituato ad un “tutore”: per questo motivo si correrà ai ripari con un aiuto esterno che gli insegni ad organizzarsi, lo stimoli perché da solo altrimenti “si perde”. Vi assicuro che non si tratta di pessimismo bensì di dati di realtà statisticamente validi. Fare i compiti con il proprio figlio non solo è da evitare poiché lo abitua a dipendere dall’adulto in questa attività ma crea anche tensione e, molte volte, incomprensioni nel rapporto genitore-figli. Genitori, provate a mettervi nei suoi panni ed immaginate: state lavorando al pc nel vostro ufficio ed il capo, con le sue critiche ed i suoi consigli, sta seduto costantemente al vostro fianco senza mai farvi sperimentare i benefici dell’errore e del fare da soli. Vi piace?
  • Correggere i compiti. È diffusa l’idea che i compiti debbano essere consegnati all’insegnante perfetti e senza la minima sbavatura; in caso contrario infatti l’immagine del genitore presente, attento e scrupoloso verrebbe a mancare. Riflettiamo insieme: ha senso ostentare un compito perfetto da 10 e lode se dietro ci sono ancora i dubbi del bambino che necessita di una spiegazione aggiuntiva dell’insegnante? Ve lo dico io: NO. I compiti mettono alla prova, aiutano l’alunno a concludere il processo di apprendimento e se ci sono delle domande, dei dubbi è bene che sia l’insegnante a colmarli. Ciò ovviamente non significa che in presenza di  errori madornali nei compiti del bambino derivanti proprio da una palese confusione sull’argomento non si possa intervenire  stimolandolo a riflettere: se però è convinto del suo operato e di aver compreso così dall’insegnante sarà quest’ultimo ad aiutarlo poiché in questo modo verrà legittimato sia il suo ruolo che l’autonomia del bambino.
  • Spiegare ed anticipare gli argomenti: alla scuola spetta il compito di istruire ed i genitori non devono né compiere una corsa per anticipare lo sviluppo delle competenze del proprio bambino né sostituirsi agli insegnanti proponendo spiegazioni nuove e differenti che creano talvolta confusione e minano la fiducia del bambino nei confronti della maestra che pare non essere in grado di occuparsi del suo apprendimento.

Seguire questi consigli e ricordarsi costantemente che i compiti SONO DEI FIGLI e NON DEI GENITORI, non solo rende liberi quest’ultimi da un notevole impegno (talvolta un vero e proprio incubo attorno al quale strutturare il tempo libero dell’intera famiglia) ma offre ai bambini l’opportunità di sperimentare liberamente la propria autonomia nello studio: un valore inestimabile!

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