DSA…..CHE SIGNIFICA?

BES, DSA, ADHD…..potrei fare una lunga lista di acronimi che ormai stanno diventando famigliari e diffusi.

A scuola ci sono sempre stati studenti che faticano ad imparare; tuttavia, l’odierna sensazione è che ve ne siano di più se si considera la diffusione delle nuove terminologie.

Siamo sicuri di conoscere il significato di tutte queste strane abbreviazioni?                                                                                  Voglio utilizzare questo articolo per introdurre una prima e breve definizione del termine DSA: facciamo chiarezza!

DSA è l’abbreviazione di Disturbi Specifici dell’Apprendimento ovvero una categoria diagnostica relativa ai disturbi delle abilità scolastiche che coinvolgono un dominio specifico di abilità lasciando però intatto il funzionamento intellettivo generale. Tali disturbi infatti interessano le competenze strumentali degli apprendimenti scolastici e, in base al deficit funzionale, i DSA si distinguono in : dislessia, discalculia, disgrafia e disortografia.

Abbandoniamo per un attimo queste definizioni più specifiche e teoriche; in altri termini, uno studente con DSA ha un’INTELLIGENZA UGUALE o SUPERIORE ALLA NORMA ma utilizza un “DIVERSO MODO DI APPRENDERE” che richiede un adattamento da parte dell’odierna didattica scolastica con un utilizzo sapiente degli strumenti compensativi e delle misure dispensative!

Per poter porre una diagnosi di DSA viene quindi chiamato in causa il “criterio di discrepanza” tra le abilità raggiunte dal bambino nel dominio interessato (deficitarie in rapporto alle attese per l’età e/o la classe frequentata) e le sue potenzialità cognitive generali (adeguate per età cronologica); quali sono questi domini? Lettura, ortografia, grafia, numero, procedure esecutive del numero e del calcolo.

Una delle tipiche domande che mi viene posta è: “Ma si tratta di una difficoltà transitoria? Poi passa?” Ecco la risposta: i DSA sono considerati disturbi di natura persistente e non transitoria poiché di origine neurobiologica; si manifestano prevalentemente fin dall’inizio dell’esperienza scolastica ed accompagnano il bambino nel suo percorso di scolarizzazione. Permangono dunque per tutta la vita seppur possono manifestarsi in modo diverso e con diverse intensità e conseguenze adattive a seconda dell’età.

Ho utilizzato i termini “si manifestano prevalentemente” perché non si tratta di una regola precisa e generale. Evitiamo di pensare che se uno studente mostra difficoltà, in una specifica area dell’apprendimento,  durante gli anni della scuola secondaria di I grado è ormai fuori dal “range” di età in cui si può manifestare per la prima volta un particolare disturbo: evidentemente, fino a quel momento, le richieste scolastiche, le modalità didattiche utilizzate per spiegazioni e valutazioni sono sempre state in linea con la modalità di apprendimento del ragazzo. Faccio un esempio: uno studente dislessico si scontrerà meno con le sue difficoltà se gli insegnanti utilizzano prevalentemente immagini, ascolto e discussione come “ingredienti” della didattica quotidiana! Banalmente: non posso sapere di essere intollerante alle fragole se non le ho mai assaggiate!

Ovviamente ho voluto parlare di questa diversità nelle tempistiche di manifestazione dei disturbi escludendo una possibile spiegazione che ahimè è ancora attuale: molte volte infatti, i disturbi vengono diagnosticati in tempi più tardivi, rispetto ai termini da cui è possibile certificarli, per una disattenzione o sottovalutazione dei sintomi da parte di genitori ed insegnanti.

C’è molto, molto altro da dire sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento e vi assicuro che non mancheranno gli articoli nel mio blog; voglio ora utilizzare  quest’ultima parte per rispondere ad una domanda: “Perché li chiamiamo proprio DSA?

Disturbo: i DSA hanno una base neurobiologica e per questo vengono così nominati dai diversi manuali internazionali di riferimento. Tuttavia, si sta diffondendo l’idea che il termine “caratteristica” sia più adeguato per indicare la diversità neurobiologica dei soggetti con DSA. Perché? Sicuramente il termine caratteristica è meno stigmatizzante e permette quindi una rappresentazione del funzionamento delle persone con DSA, più improntata alla conoscenza delle risorse e delle potenzialità piuttosto che sulle difficoltà. Inoltre, con questo nuovo termine si potrebbe raggiungere un approccio pedagogico in grado di valorizzare le differenze individuali senza puntare ad omogeneità e conformismo.

Specifici: il disturbo (o caratteristica ) riguarda uno specifico dominio di abilità in modo significativo ma circoscritto lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale.

Apprendimento: queste difficoltà si manifestano nello  sviluppo del processo di apprendimento. Siamo abituati ad associare questo termine al mondo della scuola: in realtà oltre alle aree della lettura, scrittura, grafia e calcolo, che nell’immaginario comune rappresentano i principali e primari settori di conoscenza, l’apprendimento riguarda anche le attività quotidiane. Il bambino, nella vita di tutti i giorni deve imparare ad esempio ad allacciarsi le scarpe, leggere l’orologio, ripetere correttamente filastrocche, poesie, concetti temporali ecc. ecc. ed anche in questi apprendimenti è possibile notare una grande variabilità da soggetto a soggetto!

 

Direi che fino ad ora vi ho solo dato un piccolo assaggio di un fenomeno sempre più attuale e diffuso! Restate connessi per saperne di più!

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